Il re è nudo… e il PD pure

 

FIPP 64 02

Se volessimo ironizzare, non sarebbero gli spunti a mancare. Dalle diciassette terribili notti insonni trascorse dal sindaco a meditare sulle proprie dimissioni fino alle fantomatiche schiere di cittadini che lo avrebbero supplicato di ritornare, il materiale per una facile ironia sarebbe più che sufficiente. L’ultimo episodio dell’infinita e stucchevole pantomima del “vado o non vado”, ci ha mosso però più l’indignazione che la battuta, più lo sconcerto che il sarcasmo, regalandoci la consapevolezza che il limite del buon gusto fosse stato questa volta ampiamente superato.
Rispolverare il ritornello del “bene di Giulianova”, mortificando un’intera città e offendendo l’intelligenza dei suoi abitanti, per sdoganare l’ennesima aberrazione di una politica sottomessa alle carriere è stato infatti veramente troppo.
Da oltre un anno questa città vive di fatto sotto scacco, ostaggio delle ambizioni, dei tentennamenti e dei dietrofront del suo sindaco. Da mesi il “bene di Giulianova” fa la spola fra Corso Garibaldi e l’emiciclo di Pescara, a seconda degli umori, delle sensazioni, dei timori del primo cittadino: ieri si avviava verso la Regione (“Vado via per aiutare la città”, 25 gennaio), oggi di fronte al timore di una possibile e inaccettabile sconfitta riprende la strada di casa (“I cittadini giuliesi, le loro esigenze e le loro legittime aspettative mi hanno convinto del fatto che il mio posto è qui”, 12 febbraio), domani chissà.
Un tira e molla sconcertante e spregiudicato, che ha finito col calpestare il diritto di Giulianova di essere governata da un sindaco senza se e senza ma, da un sindaco per il quale il verbo fare non si coniughi prioritariamente con il sostantivo carriera.
Una vicenda melodrammatica, dipanatasi fra la consueta sovraesposizione mediatica del sindaco e l’altrettanto consueto, assordante silenzio del Partito Democratico.
Due volte contraddetti nelle proprie scelte (anche in estate spinsero per una candidatura di Mastromauro, ricevendone un inaspettato rifiuto), tirati indirettamente ma indiscutibilmente in ballo quali corresponsabili del dietro-front, i vertici del PD non confermano, non smentiscono, non prendono posizione: semplicemente tacciono. Quasi che fosse normale ed ammissibile il gioco a rimpiattino del loro sindaco. O che le sibilline e pesantissime accuse rivolte da Mastromauro (“chiedo ufficialmente che chi ha occupato per decenni poltrone, poltroncine e sgabelli faccia un passo indietro”, “bisogna dire basta a chi antepone i percorsi politici personali agli interessi generali”) neppure li sfiorassero. O come se fare il “bene di Giulianova” significasse sostenere supinamente, sempre e comunque, qualsiasi esternazione, qualsiasi accusa, qualsiasi capriccio personale.
Malgrado la grancassa della propaganda abbia suonato a pieno ritmo con la collaborazione di buona parte dell’informazione ufficiale, alla storiella del “bene di Giulianova” non ha comunque creduto nessuno.
La foglia di fico della rinuncia dettata dall’altruismo è miseramente caduta, lasciando nudo il re, ma lasciando nudo anche il suo partito. Prigioniero della propria incapacità di opporsi a quei personalismi mai sradicati che nulla hanno a che fare con i reali interessi della città, il PD si rende corresponsabile dell’ennesimo cortocircuito di una stagione politica che non si farà rimpiangere, una stagione che lascia in eredità l’immagine offuscata di un sindaco uscente che non sappiamo con quale credibilità potrà tornare domani a chiedere la fiducia dei giuliesi.

Scritto da Paolo Innocenti – giuliaviva.it

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