L’editoriale di Marco Travaglio
L’autotrappola di Bibi
Se Bibi Netanyahu conoscesse la storia del Paese che sgoverna, non continuerebbe a combattere un fenomeno invisibile come il terrorismo di Hamas con l’artiglieria e i carri armati, armi utilissime contro gli eserciti, cioè contro i nemici visibili. E capirebbe che l’invasione di Gaza, con una lunga e sanguinosa guerra-guerriglia tunnel per tunnel, vicolo per vicolo, è il sogno di Hamas, che la prepara da anni e aspetta giusto un pollo che cada nella trappola. Biden lo ha invitato a non ripetere gli “errori dell’Occidente dopo l’11 Settembre” (così chiama un milione di morti ammazzati tra Afghanistan e Iraq). Ma il peggior errore che può commettere Israele è ripetere i propri. Le quattro guerre contro gli eserciti arabi le ha vinte tutte: 1948-1949, 1956, 1967 e 1973. Quelle contro il terrorismo invece le ha vinte solo quando ha usato l’intelligence (il mitico Mossad) con blitz chirurgici e ben studiati: quello, durato vent’anni, per eliminare tutti i terroristi coinvolti nella strage di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco 1972; quello, durato mezz’ora nella notte del 4 luglio 1976, per liberare i passeggeri del volo AirFrance dirottato dai fedayin palestinesi a Entebbe (Uganda). Almeno quest’ultima storia Bibi dovrebbe conoscerla, visto che nel raid israeliano l’unica vittima fu il suo fratello maggiore, il tenente colonnello Yoni Netanyahu.