Il fallimento di Assegno di inclusione e Sfl: il Governo fa cassa sui poveri

 

Il fallimento di Assegno di inclusione e Sfl: il Governo fa cassa sui poveri

Finalmente, dopo mesi e mesi di imbarazzante silenzio, l’Inps ha diffuso i dati sul “tiraggio” dell’Assegno di inclusione e del Supporto formazione lavoro e la ministra del Lavoro Calderone non ha perso occasione per propalare l’ennesima fake news, ricominciando con la solita propaganda che da sempre contraddistingue la destra quando si parla di poveri e, soprattutto, di Reddito di cittadinanza.

La ministra ha affermato, beandosi, che con il passaggio ad Adi/Sfl il 26% dei nuclei familiari che percepivano il RdC ha avuto almeno un componente che ha trovato un posto di lavoro. Siccome Calderone legge poco e male persino i report che il suo stesso Ministero sforna, la invitiamo a recarsi a pagina 19 della sintesi del rapporto di monitoraggio sulla gestione e sugli esiti del Reddito di cittadinanza relativo agli anni 2020/2023, pubblicata il 13 giugno 2024.

Ebbene: nel paragrafo ‘Beneficiari con almeno un rapporto di lavoro creato in misura attivo nell’annualità’, la ministra troverà scritto che nel 2020 (difficilissimo anno del Covid) 258mila percettori di Reddito ‘occupabili’ hanno avviato un nuovo rapporto di lavoro mentre erano in misura, il 19%; l’anno dopo il loro numero è salito a 314mila (24,5%) e l’anno dopo ancora, 2022, a 297mila (22,4%).

Ma dai dati Inps emerge anche un altro aspetto: con Adi e Sfl la platea dei cittadini in povertà assoluta che erano coperti “dall’ombrello” del RdC è stata dimezzata.

Il fine è chiaro a tutti: fare cassa sulla loro pelle per un totale di 2,3 miliardi di euro. Nella pratica, 599mila nuclei famigliari in media hanno percepito almeno un pagamento dell’Assegno di inclusione; se si sommano questi a coloro che hanno ricevuto il Sfl si evince come rimangono escluse la metà delle persone che beneficiavano del Reddito di cittadinanza.

Insomma, cara ministra Calderone: anche se avete sempre fatto credere il contrario ai cittadini, insultando pubblicamente padri di famiglia disperati come nel caso della ministra Santanché, oggi rinviata a giudizio e incollata alla poltrona col Vinavil, i beneficiari di Reddito a lavorare ci sono andati eccome.

Smettetela una volta per tutte con questa becera narrazione.

 

Il boia liberato e le bugie di Giorgia Meloni

 

Il boia liberato e le bugie di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni è sotto scacco. Non per il fantomatico “complotto delle toghe rosse” di cui si lamenta, né per l’atto dovuto della Procura di Roma che lei sfrutta per alimentare il solito vittimismo.

Il vero scandalo è un altro: il suo governo ha liberato un criminale responsabile di torture e stupri su minori, lo ha fatto espatriare con un volo di Stato e ora cerca disperatamente di coprire l’accaduto con versioni sempre più contraddittorie.

Da quando il caso Almasri è esploso, il governo ha cambiato narrazione tre volte nel giro di una settimana:

La teoria del complotto: Inizialmente, si è parlato di un presunto complotto della Corte Penale Internazionale contro l’Italia, come se il problema fosse la giustizia internazionale e non la decisione del governo di rimandare un criminale in Libia.
La versione Piantedosi: Il ministro dell’Interno ha poi spiegato che Almasri è stato espulso perché “persona pericolosa”, senza però spiegare perché non sia stato consegnato alla CPI, che lo stava cercando proprio per i suoi crimini.
L’ultima difesa di Meloni: Infine, la Presidente del Consiglio ha provato a scaricare la responsabilità sulla Corte d’Appello di Roma, come se il suo governo non avesse avuto alcun ruolo nella liberazione e nell’espulsione di un uomo ricercato per crimini contro l’umanità.
Tre versioni completamente incompatibili tra loro. Tre tentativi disperati di difendere l’indifendibile.

Mentre il governo fugge dall’informativa alla Camera, restano tre domande a cui nessuno ha ancora risposto:

Perché il ministro Nordio non ha trasmesso gli atti della Corte Penale Internazionale?

Una volta scarcerato, perché non è stato chiesto un nuovo stato di arresto?

Perché invece di consegnarlo alla CPI è stato rimandato in Libia con un volo di Stato?

Domande chiare, precise, politicamente rilevanti. Ma da Palazzo Chigi nessuna risposta. Abbiamo un governo che scappa e si rifugia nei soliti alibi.

Di fronte a uno scandalo internazionale senza precedenti, Meloni non può fare altro che rintanarsi nelle solite teorie complottiste. Quando è in difficoltà, il governo tira fuori sempre lo stesso copione: le toghe rosse. Peggio che ai tempi di Berlusconi!

La realtà è una sola: un criminale è stato liberato e spedito in Libia con un volo pagato dagli italiani. E Giorgia Meloni, ancora una volta, spudoratamente, ha mentito al Paese.